3 marzo 2014

Piccirillo: «Per l’ambiente tutela assoluta»

Parla il gip Raffaele Piccirillo, che ha lavorato al disegno di legge

Intervista di Francesco Loiacono



 




Un cambiamento epocale». Così Raffaele Piccirillo, il gip che per il
ministero dell’Ambiente ha presieduto una commissione propedeutica all’iter parlamentare commenta l’ingresso dei reati ambientali nel Codice penale.

Perché è così importante questo provvedimento?
Perché l’ambiente merita una tutela come quella che si riserva alla vita, assoluta e
contro qualsiasi forma di aggressione, e questo viene riconosciuto per la prima volta.
La proposta in via d’approvazione dice che un danno a una foresta, per fare un esempio, è di per sé un delitto: il danno ambientale. Il disastro ambientale si configura poi anche a prescindere dal pericolo per la pubblica incolumità, quando il danneggiamento dell’ecosistema presenta una rilevante gravità oggettiva. Non è necessario che vi sia pericolo concreto per la pubblica incolumità o per la vita. In questo consiste il principale salto di qualità rispetto alla prassi attuale nella quale, dovendo applicare un delitto contro la pubblica incolumità, il cosiddetto disastro innominato di cui all’articolo 434 del codice penale, non può configurarsi disastro per la mera aggressione, pur grave e irreparabile, all’ecosistema.

Quali sono le altre novità?
La pena per disastro ambientale può arrivare a venti anni, otto per il danno ambientale. E nessuno potrà sottrarsi alla pena senza aver provveduto al ripristino con la bonifica, neanche in caso di sospensione della pena. Per logica riparativa, poi, il soggetto che collabora nello scoprire complici o risorse utilizzate per reiterare il reato o che spontaneamente effettua una bonifica gode di attenuanti. Sono previste aggravanti per i reati associativi e per chi incrementa o reinveste i profitti illeciti nella green economy o nella gestione dei rifiuti. Infine gli inquirenti potranno effettuare intercettazioni non solo nei casi di traffico illecito, i tempi di prescrizione si allungano e s’introduce lo strumento della confisca per equivalente: il profitto di un reato si può confiscare anche quando non lo si trova sequestrando l’equivalente nel patrimonio di chi lo ha commesso.

Le pene aumentano se l’associazione include pubblici ufficiali o incaricati di pubblici servizi in materia ambientale.
Sì, perché chi può contare stabilmente su una collaborazione con qualcuno preposto
ai controlli o al rilascio delle autorizzazioni può portare avanti il proprio disegno illecito “con tranquillità”. Inoltre per associazione mafiosa l’aggravante sussiste anche quando è finalizzata a infiltrarsi nei settori della raccolta dei rifiuti o delle bonifiche.

Manca qualcosa nel testo in approvazione?
Un avverbio, “abusivamente”, che c’era nel testo preparato per la commissione. Le
condotte dei due delitti principali dovrebbero essere così costruite: "chiunque abusivamente cagiona o contribuisce a cagionare un danno ambientale/disastro ambientale è punito...". Così i due delitti si possono applicare anche quando la compromissione dell’ecosistema si realizzi con condotte diverse dalle immissioni. Per esempio attraverso costruzioni abusive o scavi propedeutici, o ancora con la
coltivazione irregolare di una cava. Inoltre manca un’ipotesi di agevolazione colposa per chi consente che sul proprio suolo o impianto altri realizzino un disastro ambientale. Nonostante questo credo che il testo segni una svolta epocale nel contrasto ai reati ambientali.


(Pubblicata su La Nuova Ecologia di febbraio 2014)

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